Il Toro è un’importante costellazione invernale situata tra Ariete e Gemelli. Per trovarla, bisogna seguire la linea formata dalle stelle della cintura di Orione verso l’alto fino a raggiungere la stella rossa Aldebaran, la stella più luminosa di questa costellazione. La testa del Toro è rappresentata dalle Iadi, un ammasso stellare disposto nella forma di una V. Il periodo di visibilità ottimale del Toro va da novembre a febbraio.

Taurus, latino per “toro”, fu elencato dall’astronomo greco Tolomeo nel II secolo d.C. Ma era già noto ai Babilonesi nel 686 a.C. come il Toro celeste. È stato persino ipotizzato che il Toro potesse essere rappresentato nei dipinti delle Grotte di Lascaux, che risalgono al 15000 a.C. circa. Nelle prime culture mesopotamiche, il toro era associato a vitalità, forza e virilità. Ciò potrebbe essere dovuto in parte alla posizione relativa della costellazione 4000 anni fa, quando entro i suoi confini veniva a cadere l’equinozio di primavera.

Dal 4000 a.C. al 1700 a.C. circa il Toro designò l’equinozio di primavera. A volte questa epoca viene definita “l’Età del Toro”. La costellazione del Toro fu un importante indicatore stagionale per molte civiltà in crescita durante le prime fasi dell’età del bronzo.

Ci sono due importanti miti greci associati al Toro. Nella prima leggenda, il Toro rappresenta la forma che Zeus adottò per sedurre Europa, figlia del re Agenore dei Fenici.

Europa amava giocare sulla spiaggia assieme alle altre fanciulle di Tyre. Zeus chiese a suo figlio Hermes di guidare le greggi del re dai loro pascoli sui pendii montani verso la spiaggia dove le ragazze stavano giocando. Trasformandosi in un toro, Zeus si mescolò furtivamente alla mandria, aspettando pazientemente di poter sedurre Europa. Non vi era dubbio di quale fosse il toro più bello: il suo manto era bianco come neve fresca e le sue corna brillavano come metallo lucidato.

Europa fu affascinata da questo meraviglioso e tranquillo animale: adornò le sue corna con fiori e gli accarezzò i fianchi, ammirandone le pieghe di pelle e i muscoli del collo. Il toro baciò le sue mani, mentre Zeus a malapena riusciva a contenere l’impazienza per la conquista finale che sarebbe seguita di lì a poco. Il toro si sdraiò sulle sabbie dorate della spiaggia e Europa gli si sedette in groppa. All’inizio non ebbe paura di nulla quando il toro si alzò e cominciò a muoversi nella risacca, ma si allarmò quando iniziò a nuotare verso il mare aperto. Europa si guardò intorno sgomenta vedendo la riva che si allontanava sempre di più e si aggrappò saldamente alle corna del toro mentre le onde gli lambivano la schiena. Astutamente, Zeus il toro si immerse più profondamente nell’acqua per farla tenere ancora più aggrappata a lui: aveva realizzato che quello non era un toro come tutti gli altri. Infine, il toro guadagnò la riva a Creta, dove rivelò la sua vera identità e sedusse Europa. Le regalò, tra gli altri, un cane che in seguito divenne la costellazione del Cane Maggiore, e ebbe figli da lei: tra di essi Minosse, fondatore del palazzo di Cnosso, e re di Creta, che divenne famosa per il suo sport di salto del toro. Minosse è anche coinvolto nel mito del Minotauro del Labirinto, una mitica bestia metà uomo e metà toro.

Nella seconda leggenda, il Toro rappresenta Io, un’altra amante di Zeus. Per nasconderla da sua moglie Hera, Zeus trasformò Io in giovenca.

Nell'”Epopea di Gilgamesh”, risalente al XVIII secolo a.C., il Toro è documentato come il Toro del cielo. L’Epopea è una storia sulla condizione umana e i suoi limiti, la vita, la morte, l’amicizia e, più in generale, una storia di formazione sul risveglio dell’eroe alla saggezza. La prima parte racconta le gesta di Gilgameš e del suo amico Enkidu, che trionfano sul gigante Ḫumbaba e sul Toro celeste, quest’ultimo scagliato loro contro dalla dea Ishtar, le cui avances erano state respinte dall’eroe. La storia cambia direzione dopo la morte di Enkidu, una punizione inflitta dagli dei per l’affronto che è stato fatto loro. Gilgameš si imbarca quindi nella ricerca dell’immortalità, raggiungendo la fine del mondo dove risiede l’immortale Uta-napishti, che gli rivela che non potrà mai ottenere ciò che cerca, ma gli insegna la storia del Diluvio che potrà trasmettere al resto dei mortali.

Molte altre associazioni mitologiche sono collegate alla costellazione. Le Pleiadi e le Iadi sono famosi ammassi stellari contenuti nella costellazione stessa, ed ci sono tanti riferimenti ad esse nella mitologia. Per esempio, le Iadi erano un gruppo di ninfe, figlie di Atlas, che le rese sorelle delle Pleiadi, delle Esperidi e di Hyas. Quando Hyas fu ucciso, le Iadi piansero per il dolore e furono trasformate in un ammasso di stelle. L’antica parola greca Ὑάδες si traduce in “creatori di pioggia” o “quelli piovosi”. In molte culture dalla Grecia alla Cina, il sorgere delle Iadi in certi periodi dell’anno era visto come un segno di pioggia.

Una parola greca dal suono simile, ὗςhys, che significa “maiale”, ha fatto sì che nell’antica Roma le Iadi fossero note come i “porcellini”. Sempre gli antichi Romani chiamarono la stella principale del Toro, Aldebaran, Palilicium, in riferimento alla Festa di Pales, una festa in onore di Pales, il patrono di pecore e pastori.

Nella cultura celtica i Druidi celebravano la festa religiosa del Toro nel momento in cui il Sole l’attraversava.

Per gli Egizi, la costellazione del Toro era un toro sacro associato al rinnovamento della vita in primavera. Quando arrivava l’equinozio di primavera, che cadeva nel Toro, la costellazione veniva “nascosta” dal Sole nel cielo occidentale all’inizio della primavera. Questo “sacrificio” portava al rinnovamento della terra.

Nell’antica Persia Aldebaran era nota come Tascheter, una delle quattro Stelle Reali. I Persiani infatti credevano che il cielo fosse diviso in quattro distretti, ognuno dei quali era custodito da una delle quattro Stelle Reali. Si credeva che le stelle avessero sia il potere del bene che del male e i Persiani le consideravano una guida nei calcoli scientifici del cielo, come il calendario e i cicli lunari/solari, e per le previsioni sul futuro. Le quattro stelle reali erano:

Aldebaran (Tascheter) – equinozio di primavera (Guardiana dell’Est)
Regulus (Venant) – solstizio d’estate (Guardiana del Nord)
Antares (Satevis) – equinozio d’autunno (Guardiana dell’Ovest)
Fomalhaut (Haftorang/Hastorang) – solstizio d’inverno (Guardiana del Sud)

Nell’astronomia indù, Aldebaran è la stella principale del 4° Nakashtra, chiamata Rohini, che significa “La Rossa”. Nella mitologia indù, Rohini era una delle 27 figlie di Daksha date in moglie al dio Chandra. Chandra, il dio della Luna, si innamorò di Rohini e passò tutto il suo tempo con lei, trascurando le altre mogli. Ciò fece arrabbiare Daksha, che maledisse il dio facendogli venire la tubercolosi. Altri dei intervennero e la maledizione fu cambiata in modo che Chandra soffrisse di tubercolosi per 15 giorni e guarisse per gli altri 15 giorni, il che spiega le fasi lunari. Nella tradizione buddista, Gautama Buddha nacque quando la Luna piena era nel Toro. Nel buddismo, Aldebaran è chiamata la Stella del Buddha.

Nell’astronomia cinese, l’intera costellazione conosciuta in occidente come Toro copre non meno di 18 asterismi in cinque Case Lunari. Il maggior numero di stelle, tra cui le Iadi e Aldebaran, si trova in un asterismo chiamato Bě, che rappresenta una rete con un lungo manico (che è λ Tau) per catturare animali come i conigli. L’asterismo ha dato il nome anche alla 19a Casa Lunare, La Rete. La 19a Casa si estende fino alle punte delle corna del Toro. Elnath (β Tau) fa parte dell’asterismo cinese Wuchē, i cinque carri dell’imperatore celeste. Sempre nella 19a Casa Lunare si trova Tiāngāo (“Terrazza Celeste Superiore” o “Torre di avvistamento”). Le Pleiadi si trovano in un asterismo chiamato Mǎo, la “Testa Pelosa”, che è anche il nome di Mǎo, la 18a Casa Lunare. Anche Yue (37 Tauri), la “Stella della Luna”, fa parte della 18a Casa Lunare. Yue si trova sul lato opposto del cielo rispetto alla stella del Sole, Ri, in Bilancia, a riflettere il fatto che quando la Luna è piena si trova di fronte al Sole nel cielo. Yue e Ri dividono l’anno in due parti uguali e nei tempi antichi, la Luna piena nella 19a Casa segnalava l’inizio della stagione delle piogge in Cina. Le stelle nella parte inferiore del Toro, tra cui ν Tauri e ο Tauri appartengono a Wči, la 17a Casa Lunare, che rappresenta lo Stomaco della Tigre. Alcune stelle deboli a ovest del Toro fanno parte di Zī, la 20a Casa Lunare, chiamata Becco di Tartaruga, e della 22a Casa Lunare Jǐng, il Pozzo.

Per i Navajo, le Iadi sono la costellazione Sò‘ Ahóts’i’, “stelle che pizzicano o dubbie”, associata a Dilyéhé e Átsé Ets’ózí. Secondo il mito, Átsé Ets’ózí e Dilyéhé stavano litigando su chi di loro fosse il legittimo genitore di due bellissime gemelle, di nome Sà’àh Naagháí (“Lunga Vita”) e Bik’eh Hózhóón (“Felicità”). Quando le ragazze raggiunsero la maturità, il Sole le visitò e col tempo diedero alla luce dei bambini: Sà’àh Naagháí diede alla luce un figlio; Bik’eh Hózhóón diede alla luce due gemelli, che divennero gli Eroi Gemelli nelle storie orali Navajo: Naayéé Neizgháni (“Ammazzamostri”) e Tóbájishchíní (“Nato per l’acqua”). Questi gemelli alla fine visitarono il padre, il Sole, e ricevettero delle armi con cui uccisero la maggior parte dei mostri sulla terra. Gli Eroi Gemelli hanno le loro stelle, vicine a Sò‘ Ahóts’i’í.

L’ammasso stellare delle Iadi comprende anche due stelle che raffigurano gli Eroi Gemelli, che uccidono i mostri e rendono la terra sicura per gli umani. Ci sono molte storie sulle loro gesta, che sono ben note alla maggior parte dei Navajo.