Il 21 agosto 2017 ho finalmente realizzato il sogno di osservare un’eclissi totale di Sole: ecco come è andata.
[Per accedere alle altre gallerie fotografiche del viaggio, seguite gli appositi link in fondo a questa pagina]
L’idea del viaggio
Era già da parecchio tempo che meditavo di compiere un viaggio volto ad osservare un’eclissi totale di Sole: l’idea originaria, discussa per la prima volta durante l’edizione 2016 dello star party di Saint – Barthelemy in Valle d’Aosta, era di noleggiare un camper con altri tre amici e girare per gli Stati Uniti, e il 21 agosto recarsi in una zona sulla fascia di totalità per osservare l’eclissi. Purtroppo, per diverse ragioni, questo progetto è naufragato; dopo un iniziale momento di sconforto, ho iniziato a valutare altre alternative, tra cui alcuni viaggi organizzati da varie agenzie di viaggio; alla fine la mia scelta è caduta su un viaggio organizzato dall’agenzia UgoViaggi di Sanremo, e per questo devo anche ringraziare il dott. Walter Ferreri dell’Osservatorio Astrofisico di Torino, che mi ha convinto in modo definitivo a partecipare: “Giovanna, guarda che un’eclisse di Sole, negli Stati Uniti, non capita tutti i giorni…è un’esperienza che almeno una volta nella vita bisogna fare!” Detto fatto: a novembre del 2016 telefono all’agenzia, e verso il primo acconto, mentre saldo il viaggio a maggio del 2017: incredibile ma vero, ad agosto andrò negli Stati Uniti per vedere la mia prima eclissi di Sole!
Il programma di viaggio
L’impazienza di partire è forte, soprattutto dopo aver visto il programma di viaggio proposto dall’agenzia, che riporto qui di seguito:
15 agosto Milano / Las Vegas
Partenza con volo di linea da Milano per Las Vegas. Arrivo a Las Vegas, cattedrale di luci nel deserto, trasferimento al Luxor Hotel e pernottamento.
16 agosto Las Vegas / Meteor Crater / Lowell Observatory / Flagstaff – 542 km
Prima colazione in hotel. Partenza per Flagstaff e proseguimento verso Meteor Crater, il primo cratere meteoritico terrestre di cui sia accertata l’origine. Rientro a Flagstaff e visita al Lowell Observatory, uno dei più antichi osservatori degli Stati Uniti e presente nella lista dei monumenti storici nazionali. Pernottamento al Little America Hotel.
17 agosto Flagstaff / Grand Canyon / Page (Lake Powell) / Kanab – 455 km
Prima colazione in hotel. Visita del Grand Canyon, una della sette meraviglie naturalistiche del mondo. Lasciatevi avvolgere dalle viste spettacolari per poi raggiungere Page, sul Lago Powell, per una crociera in barca di circa un’ora e mezzo. Proseguimento per Kanab e pernottamento al Parry Lodge Hotel.
18 agosto Kanab / Bryce Canyon / Salt Lake City – 562 km
Prima colazione in hotel. Visita al Bryce Canyon per ammirare la bellezza e i colori delle formazioni rocciose che costituiscono uno dei parchi più affascinanti dello Utah. Proseguimento per Salt Lake City e pernottamento al Red Lion Hotel Salt Lake City.
19 agosto Salt Lake City / Pocatello – 265 km
Prima colazione in hotel. Visita di Salt Lake City, capitale della cultura mormone, con Temple Square e il famoso Salt Lake Temple, una delle destinazioni più popolari nello Utah. Al termine trasferimento verso nord a Pocatello per il pernottamento presso l’Hotel La Quinta Inn & Suites Pocatello.
20 agosto Pocatello / Craters of the Moon / Pocatello – 520 km
Prima colazione in hotel. Visita ai Craters of the Moon, un vasto oceano di coni di lava, risultato delle eruzioni avvenute suol Grande Rift, una serie di fenditure sul terreno lunghe quasi 100 km che attraversa il territorio della riserva da nord a sud. Rientro a Pocatello e pomeriggio a disposizione.
21 agosto Pocatello / Idaho Falls / Bozeman – 415 km
Prima colazione in hotel, da definire in base all’orario di partenza dall’hotel. Partenza per i Menan Buttes. I Menan Buttes (Nord e Sud), situati nella zona sud – est dello Stato dell’Idaho, sono due dei più grandi coni vulcanici di Tufo. I due coni, che comprendono anche quattro coni più piccoli, sono allineati lungo una retta in direzione nord – nordovest e formano l’area Menan. Arrivo e accesso a piedi all’area privata del Menan Butte Sud. Tempo per ammirare la spettacolare eclissi di Sole. Al termine, tempo a disposizione e trasferimento in tempo utile a Bozeman, nella zona di Yellowstone, con arrivo a seconda delle condizioni del traffico. Pernottamento presso La Quinta Inn & Suites Bozeman Hotel.
22 agosto Bozeman / Yellowstone / Moran – da 370 km (in base alle visite)
Prima colazione in hotel. Partenza per Yellowstone, in base all’orario di arrivo in hotel il giorno precedente. Yellowstone è il primo parco ad avere avuto l’appellativo di Parco Nazionale. Ammirerete, tempo permettendo, i tipici fenomeni geotermali, come fumarole, geyser, sorgenti e piscine di fango termale, per arrivare infine all’attrazione preferita: le cascate pietrificate di Mammoth Hot Springs, Gran Canyon of Yellowstone, con la maestosità e la bellezza dell’impetuosa Lower Falls, Old Faithful, uno dei geyser più famosi e spettacolari al mondo. Trasferimento a Moran per il pernottamento presso il Togwotee Mountain Lodge.
23 agosto Moran / Grand Teton National Park / Salt Lake City – 455 km
Prima colazione in hotel. Viaggerete in direzione sud per vedere il Grand Teton National Park, fratello minore dello Yellowstone a cui non ha nulla da invidiare per bellezza e suggestione. Proseguimento per la pittoresca Jackson con una breve visita, tempo permettendo, alla cittadina che ha incarnato il vero spirito del Wild West. Pernottamento in zona Salt Lake City presso il Crystal Inn West Valley.
24 agosto Salt Lake City – Milano
Prima colazione in hotel. Trasferimento all’aeroporto di Salt Lake City in tempo utile per il volo di rientro in Italia con scalo a New York. Pernottamento a bordo.
25 agosto Milano
Arrivo a Milano e fine dei servizi.
Come si può vedere, si è trattato di un programma di viaggio molto denso, che ha toccato le località più caratteristiche di ben sei Stati USA: Nevada, Arizona, Utah, Idaho, Montana e Wyoming, lasciando però ampio spazio anche alle mete più prettamente astronomiche e all’osservazione dell’eclissi di Sole. Il programma è stato rispettato pressoché in pieno, tranne la visita ai Craters of the Moon a causa delle norme federali che impongono un certo numero di ore di riposo all’autista: questa escursione è stata sostituita dalla visita al Geyser di Soda Springs, a circa un’ora e mezza di macchina da Pocatello, che ha occupato la mattinata del 20 agosto, lasciando il pomeriggio libero a noi turisti e le necessarie ore di riposo a Jacob, il nostro autista, in vista della levataccia del 21 agosto per raggiungere il sito di osservazione dell’eclisse.
Visto che le impressioni di viaggio negli States sarebbero molto lunghe da raccontare, di seguito mi concentrerò soprattutto sulla descrizione dei siti e delle attività di interesse prettamente astronomico.
Il Meteor Crater
Il 16 agosto siamo partiti di buon’ora alla volta della nostra prima meta astronomica: il mitico Meteor Crater, un cratere da impatto con diametro di circa 1609,34 m e profondo circa 170 m, situato a pochi minuti di macchina dall’intersezione tra le strade Interstate 40 e Route 66 vicino a Winslow, una cittadina nel nord dell’Arizona.
Il cratere venne originato all’incirca 50000 anni fa a causa dell’impatto di un asteroide di 50 m di diametro che viaggiava alla velocità di 41384 km/h, pari a circa 12 km/s: se un aereo potesse viaggiare a questa velocità, sarebbe possibile percorrere la distanza tra Roma e New York in appena 7 minuti, anziché in 7 ore, come effettivamente avviene. Purtroppo un aereo che viaggia a queste velocità non è ancora disponibile…
L’asteroide che produsse il cratere aveva una composizione a base di ferro – nichel, e durante l’impatto venne rilasciata una gigantesca quantità di energia, pari grossomodo a 150 volte quella della bomba atomica che distrusse Hiroshima.
Il cratere è noto anche con il nome di Barringer’s Crater, dal nome di Daniel Moreau Barringer, un ingegnere minerario di Philadelphia che fu tra i primi ad ipotizzare che il cratere fosse stato prodotto da un impatto di un asteroide sulla superficie terrestre. Nel 1902 Barringer acquistò il terreno attorno al cratere fondando la società Standard Iron Company, attraverso cui tentò di estrarre ferro dal fondo del cratere, ma con scarsi risultati.
Da lontano è possibile ammirare il bordo irregolare del cratere, che si innalza fino a circa 45 m rispetto al terreno circostante, mentre la profondità di 170 m permetterebbe al cratere di contenere per intero la Mole Antonelliana di Torino oppure un palazzo di 60 piani. Prima di accedere al cratere, si passa attraverso il Centro Visitatori, che ospita un piccolo ma interessante museo dedicato al Meteor Crater, dotato di alcune postazioni interattive che permettono di simulare impatti sulla superficie terrestre ad opera di asteroidi di diverse dimensioni e composizione chimica (rocciosi o ferrosi). Nel cortile interno ci si imbatte in una riproduzione a grandezza naturale di una capsula di rientro Apollo, dalla caratteristica forma tronco – conica: scopriamo che gli astronauti del Programma Apollo trascorsero parte del loro tempo addestrandosi all’interno del Meteor Crater, in vista degli sbarchi lunari! Dopo un breve filmato commentato dalla nostra guida, finalmente è giunto il momento di andare sui camminamenti che circondano una piccola porzione del bordo del Meteor Crater e che congiungono alcune terrazze panoramiche da cui si può ammirare il cratere in tutta la sua maestosità. L’emozione è forte, non riusciamo ancora a credere che di lì a poco potremo osservare il Meteor Crater direttamente con i nostri occhi, dopo averlo visto moltissime volte sulle foto sbiadite dei libri di scuola o nei documentari televisivi…persino il dott. Ferreri, che ci ha accompagnato per tutto il viaggio, rimane a bocca aperta! Anche lui non aveva mai visitato prima il Meteor Crater.
Abbiamo iniziato la nostra esplorazione del cratere dal punto panoramico più elevato: da lì abbiamo potuto godere di una vista meravigliosa su tutto il Barringer’s Crater, e naturalmente non ci siamo risparmiati in fotografie. Peccato che la stessa idea sia venuta anche a un nutrito gruppo di giapponesi, di cui abbiamo immortalato le teste in alcune delle nostre fotografie. Siamo poi andati verso le altre terrazze, un po’ più basse, ma con alcune sorprese in serbo per noi: su una di esse erano disposti alcuni telescopi puntati su alcune peculiarità del cratere: ad esempio, uno di essi era puntato su una riproduzione di un astronauta che indossava la tuta Apollo e sosteneva una bandiera americana; un altro invece puntava su un vecchio carro usato per trasportare materiali, chissà…magari era ancora lì dai tempi di Barringer. Sul parapetto di un’altra terrazza invece erano affisse alcune targhe con cenni biografici su alcuni discendenti e collaboratori di Daniel Moreau Barringer.
Il Meteor Crater è attualmente il cratere da impatto meglio conservato sulla Terra, perché si trova in una zona attualmente desertica; in passato ha ospitato un lago sul fondo, ora scomparso. Come ultima cosa, abbiamo dato una rapida occhiata al negozio di souvenir, dove alcuni di noi hanno fatto un interessante acquisto: nientedimeno che una meravigliosa maglietta del Meteor Crater…
Purtroppo il tempo trascorso al Meteor Crater è passato veloce, ed è arrivato il momento di risalire sul pullman, per dirigerci verso la prossima destinazione: il Lowell Observatory di Flagstaff.
Il Lowell Observatory di Flagstaff
Siamo arrivati a Flagstaff, la cittadina che ospita l’osservatorio astronomico, nel pomeriggio del 16 agosto; passando vicino a una palazzina in costruzione, notiamo che la struttura è tutta in legno. Il nostro interesse però è proiettato verso il Lowell Astronomical Observatory, che raggiungiamo poco dopo. Immerso in mezzo alla natura, il Lowell Observatory venne fondato nel 1894 da Percival Lowell, da cui prende il nome, per cercare evidenze della presenza di vita su Marte. Attualmente l’osservatorio dispone di due sedi: quella principale, visitata da noi, sulla collina di Mars Hill, a dieci minuti di macchina dal centro di Flagstaff, Arizona, e Anderson Mesa, a una ventina di chilometri a sud – est da Flagstaff.
La sede storica di Mars Hill ospita alcuni telescopi che hanno fatto la storia dell’astronomia, come per esempio il rifrattore Clark da 24 pollici (61 cm), che permise a Vesto M. Slipher nel 1912 di acquisire gli spettri di alcune galassie lontane, scoprendo che si allontanavano da noi a velocità incredibili: ciò portò all’idea di un universo in espansione. Un altro telescopio leggendario è l’astrografo da 13 pollici con cui Clyde Tombaugh scoprì il pianeta nano Plutone nel 1930 studiando alcune discrepanze nei moti orbitali di Urano e Nettuno. Oltre ai due strumenti principali, l’osservatorio ospita anche alcuni telescopi più piccoli usati per la ricerca scientifica, come il riflettore da 52 cm e l’astrografo da 45 cm, e il McAllister da 0,41 m, un Cassegrain usato per didattica e divulgazione.
Grande è stata la nostra sorpresa quando uno dei ragazzi dello staff ha aperto la cupola del grande telescopio Clark, ha puntato Saturno al tramonto… e ci ha permesso di osservarlo! Francamente non mi aspettavo di osservare un Saturno così netto e inciso, e anche i miei compagni di viaggio hanno potuto godere di una magnifica visione del pianeta con gli anelli. Una curiosità: negli anni ’60 alcuni scienziati e artisti usarono il telescopio Clark per costruire dettagliate mappe lunari a supporto delle missioni umane lunari: gli astronauti del programma Apollo studiarono queste mappe e addirittura alcuni di essi usarono il telescopio Clark in una parte dell’addestramento per andare sulla Luna. Negli anni ’80 la didattica rimpiazzò la ricerca come uso primario del telescopio Clark. Da allora, più di due milioni di persone hanno avuto l’opportunità di visitare il telescopio di giorno attraverso visite guidate storiche oppure di sera per osservare alcuni oggetti celesti. Nel 1999 la First Lady Hillary Clinton riconobbe il telescopio Clark e la sua cupola come meritevoli di conservazione nell’ambito del programma “Save America’s Treasures”.
La sede di Anderson Mesa, che purtroppo non abbiamo potuto visitare per mancanza di tempo, ospita dal 1961 il telescopio Perkins, un Cassegrain da 1,8 m, attualmente gestito da Boston University e Georgia University: esso fu usato nel 1976 da Vera Rubin per dimostrare che la materia oscura rappresenta il grosso della massa dell’universo. Oltre al Perkins, sono presenti anche il telescopio John S. Hall da 1,05 m e il Navy Prototype Optical Inteferometer (NPOI), un progetto in collaborazione con lo United States Naval Observatory, che fu utilizzato nel 1996 per ottenere immagini di una stella binaria con una risoluzione migliore di otto volte quella del telescopio spaziale Hubble. Nel 2012 venne inaugurato, sempre a Anderson Mesa, il Discovery Channel Telescope (DCT) da 4,3 m.
Dopo l’osservazione di Saturno attraverso il telescopio Clark, siamo andati verso la cupola dell’altro famoso telescopio: l’astrografo da 13 pollici (32,5 cm) di diametro usato da Clyde W. Tombaugh per la scoperta di Plutone, noto anche come telescopio Pluto. Poichè è in fase di restauro, abbiamo dovuto accontentarci di guardarne la cupola da fuori. Questo telescopio venne costruito nel 1928 – 1929 espressamente per la ricerca del “Pianeta X”, l’ipotetico nono pianeta che secondo Percival Lowell doveva trovarsi ai confini del Sistema Solare. Le sue tre lenti hanno un diametro da 13 pollici (32,5 cm), che permettevano di focalizzare la luce degli oggetti celesti su una lastra fotografica di dimensioni 35 cm x 42,5 cm; per ogni immagine era richiesta all’incirca un’ora di esposizione. I negativi venivano poi attentamente esaminati attraverso l’uso di un comparatore Zeiss alla ricerca di nuovi corpi celesti prima ignoti.
Dopo la scoperta di Plutone, Henry Giclas usò il telescopio per una ricerca sui moti propri, in cui studiò il movimento reale (non solo apparente) degli oggetti celesti. Il telescopio venne in seguito spostato a Anderson Mesa e poi ritornò a Mars Hill nei primi anni ’90 per permettere ai visitatori di vedere con i propri occhi questo strumento storico.
Entro i confini del Lowell Observatory è possibile anche prendere posto all’interno del Rotunda Museum, in cui una animatrice ci ha proposto un viaggio nell’universo tipo planetario; tutto attorno alcune teche contengono alcuni strumenti storici e disegni e mappe realizzati da Percival Lowell. Vicino alla cupola del telescopio Clark c’è il mausoleo di Percival Lowell, mentre all’altro estremo del complesso, vicino alla cupola del telescopio Pluto, si trovano un sentiero dei pianeti, in cui le distanze dei pianeti dal Sole sono state riprodotte in scala, e un modellino della sonda New Horizons, protagonista dello spettacolare fly-by con Plutone nel luglio 2015.
Per concludere in bellezza il giro al Flagstaff Observatory, merita anche una puntata al negozio: se volete acquistare libri sull’osservatorio, biografie di Percival Lowell e Clyde W. Tombaugh, questo è il posto giusto.
Le osservazioni astronomiche al binocolo e a occhio nudo
Incuranti della stanchezza che si stava iniziando ad accumulare dopo lunghe ore di viaggio, io e un mio compagno di viaggio, Franco, la sera del 17 agosto abbiamo sfidato il sonno per dedicarci all’osservazione del cielo dal Parry Lodge Hotel di Kanab, nello Utah. Poichè la maggioranza delle città americane ha al più poche decine di migliaia di abitanti (Kanab ne conta appena 4468!), abbiamo potuto constatare come il cielo notturno sia mediamente ancora molto scuro: sopra di noi una spettacolare Via Lattea faceva bella mostra di sé! E tutte le stelle del Piccolo Carro e altre più deboli erano ben osservabili, quindi riteniamo che la magnitudine limite raggiungibile potesse aggirarsi attorno a 5 o poco oltre. Inoltre, il Doppio Ammasso di Perseo e la Galassia di Andromeda erano visibili ad occhio nudo. Attraverso il binocolo 15×70 di Franco, abbiamo potuto ammirare M 31, l’ammasso globulare M 13 in Ercole, il Doppio Ammasso, Albireo nel Cigno, Mizar e Alcor nel Gran Carro e le nebulose Laguna e Trifida nel Sagittario; non siamo però riusciti a risolvere M 13, che però appariva come uno sferoide compatto di stelle.
Abbiamo ripetuto queste osservazioni pochi giorni dopo dal Togwotee Mountain Lodge di Moran, in Wyoming, e stavolta sono anche riuscita a fotografare la Via Lattea, nonostante alcune luci dell’hotel dessero fastidio. Ma in questo caso, essendo un posto sperso tra le montagne, forse era meglio così, visto che l’hotel si trova vicino a Yellowstone, e Yellowstone è noto per ospitare gli orsi: meglio non rischiare di trovarsi faccia a faccia con un orso affamato alle 11 di notte…persino la figlia di un mio compagno di viaggio si è preoccupata che l’autrice di questo articolo finisse in pasto a qualche orso, ma l’ho subito rassicurata dicendo che di lì a poco sarei rientrata in hotel. E così è stato, non per l’orso per fortuna, ma per il freddo pungente dovuto a un gelido venticello che calava dalle montagne.
I preparativi per l’eclissi di Sole
Il racconto astronomico del viaggio prosegue a Pocatello, cittadina di poco più di 54000 abitanti in Idaho, dove ci fermiamo il 19 e il 20 agosto: due giorni fondamentali per riposarsi e soprattutto per provare la strumentazione in vista dell’eclissi di Sole del 21 agosto. La mattina del 20 il dott. Walter Ferreri ci tiene un breve seminario sull’eclissi: oltre a ricordarci che la prossima eclissi totale di Sole visibile dall’Italia sarà il 3 settembre 2081, ci fornisce anche utilissimi consigli per l’osservazione e ci fornisce gli occhialini da eclisse. Il pomeriggio è libero, per cui ne approfitto per montare il telescopio solare vicino all’albergo: si tratta del fedele Lunt LS-35 H alfa, che miracolosamente è sopravvissuto ai vari voli aerei e ai trasbordi pullman – hotel e viceversa, e del treppiede RP Optix T1, che, sempre per miracolo, è arrivato assieme al resto del bagaglio imbarcato. Considerato che oltre il 60% dei bagagli si perdono (almeno secondo quanto ci raccontò il professore quando ancora studiavo ingegneria aerospaziale), è già un gran risultato… il Sole mostra una catena di quattro macchie, e un paio di belle protuberanze lungo i bordi, che mostrano la tipica struttura ad arco. Oltre a queste, si possono scorgere anche alcune protuberanze più piccole, a patto di regolare bene la larghezza di banda con l’apposita vitina. A farmi compagnia ci sono anche Maurizio e Carla, che guardano volentieri attraverso il piccolo Lunt; nel frattempo sono arrivati anche Alberto con macchina fotografica e un super – teleobiettivo da 400 m che incute un certo timore, Luca con fotocamera e filtro in Mylar, Diego con fotocamera e tanto di lenzuolo nero per schermarsi dalla luce solare che gli conferisce un’aria da fotografo ottocentesco e Franco col suo binocolo 15×70 su cui ha montato uno spettacolare schermo con due fogli di Mylar davanti agli obiettivi e una specie di tesa per proteggersi dai raggi solari. Infine arriva anche Paolo, che ci sorprende tutti sfoggiando un piccolo binocolo solare Lunt 8×32 con cui possiamo osservare le macchie solari. Tra un’osservazione e l’altra, penso a come fissare la macchina fotografica in modo da poter riprendere una sequenza di fotografie durante la totalità dell’eclisse, e nel contempo osservarla visualmente: il piccolo treppiede fotografico con le gambe flessibili acquistato per 5 dollari in un grande supermarket Walmart non è molto adatto allo scopo, e il treppiede T1 deve sostenere il telescopio solare. Accidenti, questo è un bel problema, non posso correre rischi: domani tutto dovrà essere perfetto, perché voglio portarmi a casa un ricordo fotografico della totalità. Come fare? Alla fine di molte riflessioni, decido che la cosa migliore è osservare visualmente tutte le fasi di parzialità dell’eclisse attraverso il telescopio solare; cinque minuti prima della totalità toglierò il telescopio solare dal T1 e al suo posto monterò la macchina fotografica. Dopo la totalità rimetterò su il telescopio solare.
Nel frattempo un bellissimo tramonto su Pocatello chiude questa intensa giornata: è ora di cenare, e dopo dovremo andare a dormire abbastanza presto. Ma nessuno di noi ha sonno, perché ancora non riusciamo a credere che l’indomani osserveremo un’eclissi totale di Sole: per alcuni di noi è la prima, per cui l’adrenalina è letteralmente alle stelle…
21 agosto 2017: un giorno memorabile!
Ci alziamo prestissimo, sono le 3 di mattina: molti di noi non hanno dormito, tra cui la sottoscritta. Dopo aver controllato per l’ennesima volta di non aver dimenticato nulla, alle 4 finalmente partiamo. Destinazione: South Menan Butte, a 19 km dalla cittadina di Rigby, in Idaho. Si tratta di un cono vulcanico spento alle seguenti coordinate geografiche: lat. 43° 45′ 41,81” N, long. 111° 59′ 40,75” W, che si trova a circa 3 – 4 km dalla linea di centralità dell’eclisse. Anche se in condizioni normali ci vuole solo un’ora e mezza per raggiungere il sito di osservazione, preferiamo sentirci tranquilli e raggiungere il nostro sito di osservazione con molto anticipo: non ci saremmo mai perdonati di mancare un’osservazione di un’eclissi totale di Sole se malauguratamente avessimo trovato traffico sule strade! Cosa che per fortuna non avviene, e alle 5:30 ora locale siamo già ai piedi del South Menan Butte, ad una quota di 1460 m. Jacob parcheggia il pullman nello spazio indicatogli dal personale dell’organizzazione, e noi scendiamo: l’aria è fredda, ma il cielo è terso! Siamo felici per questo, perché le previsioni del tempo fino a pochi giorni non erano molto incoraggianti, mentre per il 21 agosto davano il 75% di probabilità di meteo favorevole. Indossiamo una felpa, e qualcuno di noi risale sul bus per schiacciare un pisolino oppure va a caccia di magliette dell’eclisse dai banchetti allestiti di fronte al capannone in cui serviranno la colazione. I più coraggiosi invece conquistano la cima del South Menan Butte che si trova a circa 1620 m s. l. m., e da lì possono godere di una magnifica visione del cratere vulcanico verso est e dell’area parcheggi verso ovest, dove c’è anche il nostro pullman. In cima al vulcano ci sono già molti astrofili che hanno piazzato la strumentazione: l’atmosfera è molto simile a quella che si respira durante uno star party, tutti son impazienti di osservare uno degli spettacoli più belli che la natura possa offrire. Ne approfittiamo per aspettare l’alba e scattare qualche foto, poi con calma ritorniamo al parcheggio. Dopo la levata del Sole, verso le 9:00 iniziamo a montare telescopi e macchine fotografiche; scopro che anche un altro mio compagno di viaggio, Maurizio, ha portato il suo telescopio solare, il Coronado PST. Ogni tanto scambiamo due chiacchiere con i nostri vicini, e tra di essi troviamo anche un gruppetto di tedeschi; una coppia di americani invece ci informa che è raro vedere degli italiani in Idaho, perché non è uno degli Stati più turistici. Secondo alcune stime reperite da Internet, gli italiani hanno rappresentato la maggioranza degli europei partiti per gli USA per osservare l’eclissi totale di Sole. Il tempo scorre veloce, e verso le 10:05 completiamo l’ultima messa a punto degli strumenti: tra dieci minuti tutto avrà inizio. Lancio una rapida occhiata alla cima del vulcano: il numero di astrofili è aumentato, sembrano tante formichine sul bordo del cratere. Il primo contatto è alle 10:15:27, e subito facciamo a gara a chi per primo scorge la Luna intaccare il bordo solare. Walter Ferreri e Francesco iniziano a riprendere rispettivamente con macchina fotografica e videocamera le fasi di parzialità; anche attraverso il telescopio ci rendiamo conto di quanto sia veloce l’avanzamento del disco lunare sul Sole. Sono ben visibili alcune macchie solari, le stesse di ieri anche se in una posizione leggermente diversa, oltre a un paio di belle protuberanze a ore 1:00 e ore 3:00 sul bordo del Sole. Quando la copertura del disco solare si aggira sull’80 – 85% iniziamo ad osservare una diminuzione della luce diurna, e anche la temperatura diminuisce. Si alza anche un leggero vento d’eclissi. La rimanente luce solare che trafila attraverso i forellini del cappello di paglia di Francesca produce delle macchioline luminose a forma di mezzaluna, segno che ormai la totalità è prossima. Diamo un’occhiata a un gruppetto di cavalli che sta pascolando poco lontano per notare eventuali variazioni nel loro comportamento, ma niente, continuano a brucare completamente incuranti di ciò che sta succedendo sopra le loro teste. L’attività attorno ai telescopi si fa sempre più frenetica: sistemo la macchina fotografica al posto del telescopio solare sul treppiede, temo di non riuscire a compiere questo delicato passaggio prima della totalità, ma tutto fila liscio. Ormai più del 95% del Sole è nascosto dalla Luna, e solo una sottilissima falce è ancora visibile: indosso gli occhialini da eclissi per godermi gli ultimi istanti della fase di parzialità. Alle 11:32:56 la concitazione raggiunge l’apice: è ufficialmente iniziata la totalità, e un vistoso anello di diamante marca questo istante! Qualcuno dà l’atteso segnale:”Via i filtri!” e da questo momento possiamo osservare senza danno per gli occhi. Molte persone esultano. La corona solare diventa visibile in tutto il suo splendore (è luminosa più o meno come la Luna piena), e contemporaneamente assistiamo a un repentino calo di luminosità. L’impressione è di trovarsi in una specie di crepuscolo, come se il Sole stesse sorgendo a 360° anziché da una parte sola. Vicino al Sole riesco a scorgere Regolo e Giove; cercando di non inciamparmi in qualche telescopio, mi precipito verso la mia macchina fotografica, inquadro velocemente il Sole e lancio una raffica di scatti per immortalare la corona solare; allo stesso tempo continuo a godermi lo spettacolo ad occhio nudo: è veramente impressionante, non ci sono parole per descriverlo: osservate anche voi un’eclissi totale di Sole e potrete capire quale emozione si prova in quei momenti. Alle 11:35:14 un altro anello di diamante ci ricorda che la fase di totalità è finita, e che bisogna rimettere i filtri sugli strumenti. Riesco a fissare questo momento in una serie di scatti, e intanto penso: ”Peccato, dopo 2 minuti e 18 secondi è già tutto finito…ma perché la totalità di un’eclisse di Sole dura così poco?” Le fasi concitate della totalità lasciano spazio a un maggiore relax durante la successiva osservazione della fase di uscita, che termina alle 12:58:04. Stavolta è veramente tutto finito: dopo che l’ultima fettina di Luna si è completamente allontanata dal Sole, con calma iniziamo a smontare gli strumenti; prima di andare via una signora del nostro gruppo, e poi Walter Ferreri, salgono per errore su un pullman che però non è il nostro, suscitando le risate generali dei presenti: l’inghippo è dovuto alla forte somiglianza tra i due automezzi, entrambi della ditta Arrow, solo che il nostro pullman è marrone, non rosso! L’autista del secondo pullman, un’americana piuttosto corpulenta, ci sorride con aria divertita, e alla fine chiude la porta del bus per evitare altre nostre eventuali distrazioni. Nel primo pomeriggio riprendiamo il nostro viaggio verso Bozeman, in Montana, dove dormiremo. Durante il percorso però ci imbattiamo in un mega – ingorgo post eclisse, il che equivale a decine di chilometri di coda e a sette lunghe ore per compiere un tragitto che ne richiede la metà. Arriviamo in albergo verso le 22:30, esausti ma felici per aver vissuto in prima persona un’esperienza così coinvolgente ed emozionante come un’eclissi totale di Sole. Che speriamo di poter ripetere il 2 luglio 2019 in Cile.
Link di approfondimento
Ecco alcuni link per approfondire quanto raccontato nell’articolo:
Meteor Crater
https://www.barringercrater.com
http://meteorcrater.com/
https://it.wikipedia.org/wiki/Meteor_Crater
Flagstaff Observatory e sonda New Horizons
https://lowell.edu/
http://pluto.jhuapl.edu/
Eclissi totale di Sole del 21 agosto 2017
https://www.greatamericaneclipse.com/
Eclissi di Sole e di Luna
http://eclipsewise.com/
Binocoli e telescopi solari
https://luntsolarsystems.com/product/sunoculars-8×32-red/
GALLERIE FOTOGRAFICHE
Lowell Astronomical Observatory di Flagstaff
Pocatello, Soda Springs Geyser
21 agosto 2017: eclissi totale di Sole
Grand Teton National Park, Jackson